Doping di un atleta minorenne e responsabilità dei genitori costituiscono due facce della stessa medaglia. Un minore d’età che si renda responsabile della violazione della normativa Anti Doping viene considerato dall’ordinamento sportivo come un soggetto passibile di una sanzione disciplinare.
In altri termini, qualora un minorenne venga dapprima accusato e poi giudicato colpevole dell’assunzione, del possesso, o di altre fattispecie relative a sostanze dopanti, il minore potrà essere sospeso e squalificato dall’attività sportiva, proprio come un adulto.
Questo poiché il CSA (Codice Sportivo Antidoping) non prevede una differenza di trattamento fra minorenne dopato e maggiorenne dopato: entrambi sono soggetti che vengono considerati punibili dal Tribunale Nazionale Antidoping, per cui a entrambi potranno essere applicate le medesime sanzioni.
Come può difendersi un minore da un procedimento di doping?
Il minorenne, diversamente da quello che si potrebbe pensare, non beneficia di una disciplina né più favorevole, né che tenga conto della minore età. Unica disposizione differente rispetto all’atleta adulto accusato di doping è quella che gli consente – rectius, che pone l’obbligo – al minore di essere assistito in tutto il procedimento (audizione, comparizione, etc..) dai genitori esercenti la “potestà” genitoriale.
Le Norme Sportive Antidoping, come si nota dalla dicitura “potestà” contenuta in tutto il Codice Sportivo Antidoping, non hanno evidentemente recepito le riforme del legislatore ordinario in materia di filiazione. Grazie alla novella del 2012-2013, infatti, l’ordinamento italiano, conformandosi alla normativa europea, ha fra l’altro introdotto il concetto di “responsabilità genitoriale”, in luogo della “potestà” genioriale.
Quanto alla difesa del minore nel procedimento di doping, bisogna sapere che qualora la PNA (Procura Nazionale Antidoping) abbia notizia di una presunta violazione delle Norme Sportive Antidoping, anche da parte di un minore, avvia l’azione disciplinare nei confronti del minore indagato, notificandogli gli addebiti e chiamandolo per essere sentito assieme al un proprio difensore ed ai genitori.
Qualora un minore venga trovato positivo a sostante dopanti, il Tribunale Nazionale Antidoping, parallelamente all’instaurazione di un procedimento di squalifica, può disporre su istanza della Procura Nazionale Antidoping anche la sospensione cautelare del minorenne.
E’ bene sapere che il doping costituisce anche un reato, ai sensi dell’articolo 9 della legge n. 376/2000, il quale prevede al I° comma che:
“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni e con la multa da lire 5 milioni a lire 100 milioni chiunque procura ad altri, somministra, assume o favorisce comunque l’utilizzo di farmaci o di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive, ricompresi nelle classi previste all’articolo 2, comma 1, che non siano giustificati da condizioni patologiche e siano idonei a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell’organismo, al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti, ovvero siano diretti a modificare i risultati dei controlli sull’uso di tali farmaci o sostanze.”
In ultimo non bisogna trascurare gli aspetti strettamente legati alla figura del minore ed ai suoi rapporti con la famiglia. E’ evidente, infatti, che qualora dai procedimenti – sportivo e penale – emergano elementi pregiudizievoli per il minore, derivanti dal nucleo familiare, potrà essere anche dato impulso ad un procedimento relativo al monitoraggio, alla limitazione od alla ablazione della responsabilità genitoriale dinanzi al Tribunale per i Minorenni.
Nel caso di doping di un atleta minorenne e responsabilità dei genitori è possibile contattare l’Avv. Stefano Molfino, esperto in diritto di famiglia e diritto sportivo, con particolare riferimento al doping. Per un appuntamento si prega di visionare la pagina relativa ai contatti di studio, cliccando qui.