Accade sovente che molti genitori, per svariati motivi, vogliano diseredare i figli, o meglio, escluderli dall’eredità. A volte si vuole tutelare il patrimonio familiare, per timore che quel determinato figlio possa dilapidare le fortune accumulate da generazioni; altre volte si vuole privilegiare un figlio, per particolari meriti, rispetto a un altro; altre volte ancora può accadere che si voglia persino privilegiare un terzo estraneo, come una nuova compagna. Non è raro, purtroppo, che ci si trovi dinanzi a un genitore contrario alle inclinazioni sessuali del figlio e che, per tale motivo, voglia ad esempio diseredare il figlio perché omosessuale.
Attenzione: il D.D.L. Zan, denominato “Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale sull’identità di genere e sulla disabilità” non prevede alcuna forma di tutela per il caso di diseredazione del figlio in quanto omosessuale.
Sono le norme successorie quelle che assicurano al figlio estromesso dall’eredità la tutela dei suoi diritti. Vediamo alcuni casi pratici.
Può accadere che un genitore scriva appositamente un testamento in cui esclude il figlio dall’eredità. Il caso tipico è quello di un genitore che nel proprio testamento, scriva “nomino erede universale mia moglie” oppure “nomino eredi universali i miei figli Tizio e Caio”, escludendo il figlio Sempronio. Di fatto, la nomina a erede universale, già esclude dall’eredità, secondo le intenzioni del de cuius, altri possibili eredi previsti per legge.
E’ valido un testamento di questo tipo? La risposta è Sì.
Il testamento con il quale un genitore escluda un figlio perché omosessuale, è perfettamente valido. Occorre un atto di impulso da parte del figlio escluso dall’eredità, al fine di rivendicare i suoi diritti previsti per legge. Nel primo caso citato, quello in cui il de cuius decida di nominare erede universale la moglie, ad esempio, il figlio escluso avrebbe diritto a ben 1/3 del patrimonio ereditario. Per rivendicare tale quota ereditaria, tuttavia, serve innanzitutto la proposizione di una cosiddetta azione di riduzione. Con tale azione infatti è possibile chiedere la “riduzione” delle disposizioni lesive, ai sensi dell’art. 536 c.c., fino a recuperare la propria c.d. quota di riserva o quota indisponibile.
Tale azione deve inoltre essere proposta in tempi brevi, soggiacendo alla prescrizione decennale.
Vi è poi il fenomeno, molto frequente, in cui la diseredazione del figlio avviene quando ancora il genitore è in vita. Spesso accade che il genitore stipuli delle finte vendite in favore di altri eredi oppure a favore di un terzo soggetto estraneo al novero dei soggetti chiamati per legge all’eredità. Dietro a queste finte vendite spesso si celano delle donazioni fatte appositamente per estromettere dall’eredità uno o più figli.
Sono validi i trasferimenti effettuati in vita dal genitore per diseredare il figlio? La risposta è Sì. Anche in tal caso, il figlio estromesso dall’eredità del genitore dovrà agire in giudizio per far accertare da un Giudice che quelle vendite realizzate in vita dal de cuius in realtà celano delle donazioni che ledono i suoi diritti di erede legittimario.
Ai sensi dell’art. 536 c.c., infatti, il figlio rientra fra “le persone a favore delle quali la legge riserva una quota di eredità o altri diritti nella successione”. Tali persone sono: il coniuge, i figli, appunto, e gli ascendenti.
Come abbiamo visto, è possibile chiedere ed ottenere tutela dei propri diritti. Non può esservi discriminazione di un figlio per le sue inclinazioni sessuali e non esiste alcuna norma che permetta di diseredare il figlio perché omosessuale. Onde evitare che la situazione venga ulteriormente pregiudicata dal passare del tempo, occorre agire quanto prima.
Grazie a una riforma del 2005, inoltre, è possibile esperire azioni di tutela nei riguardi di tali trasferimenti immediatamente, senza aspettare l’apertura della successione (L n. 80/2005).
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