In caso di separazione genitoriale, se la madre vuole trasferirsi in un’altra città con il figlio deve avere il consenso del padre oppure un giustificato motivo, altrimenti il giudice deve rigettare la richiesta. Il principio cardine in termini di trasferimento del minore è quello stabilito dall’art. 337-bis, secondo il quale “Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione, alla salute e alla scelta della residenza abituale del minore sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice.”

I genitori, stando al dato normativo, devono assumere di comune accordo anche la residenza dei figli e solo in caso di disaccordo è previsto l’intervento del giudice.

Se la madre vuole trasferirsi in un’altra città con il figlio, può farlo senza il consenso del padre?

La risposta è no. In caso di coppia genitoriale separata o in fase di separazione, un genitore non può trasferire la residenza sua e dei figli unilateralmente, senza il consenso dell’altro genitore.

Anche in caso di coppia di fatto genitoriale è necessario il consenso dell’altro genitore per il trasferimento in altra città con il figlio?

Si, anche in caso di coppia di fatto, poiché la circostanza che la coppia non sia sposata, non è elemento ostativo all’applicazione delle norme sulla filiazione, stante la completa assimilazione della posizione dei figli nati da genitori coniugati e non a seguito della riforma di cui al d.lgs. 28 dicembre 2013, n.154.

E’ inoltre il supremo interesse del minore, il principio che deve guidare l’agire genitoriale e le decisioni dell’apparato giurisdizionale.

madre vuole trasferirsi in un'altra citta con il figlio deve avere il consenso del padre

Se la madre vuole trasferirsi in un’altra città con il figlio deve avere il consenso del padre

 

Secondo l’orientamento costante del Tribunale di Milano, inoltre, il trasferimento unilaterale della prole realizzato da un genitore senza il consenso dell’altro integra un atto illecito, e ove tale atto, contrario ai doveri genitoriali, venisse realizzato, si verificherebbero, in danno dell’autore, quelle circostanze sopravvenute e di non scarsa rilevanza tali da potere provocare anche una modifica del regime di affidamento. (Trib. Milano, sez. IX, 16 settembre 2013, Pres. Servetti, est. Cosmai; Trib. Milano, sez. IX, 13 novembre 2013, Pres. Servetti, rel. Buffone; v. anche, Cass. Civ., sez. I, sentenza 20 giugno 2012, n. 10174).

Cosa significa?

Significa che il genitore collocatario dei figli che pone in essere un trasferimento senza il consenso dell’altro genitore, rischia che venga mutato il regime di affidamento: ad esempio, da condiviso ad esclusivo, a favore dell’altro genitore. Per cui, se la madre vuole trasferirsi in un’altra città con il figlio e spostare la residenza sua e dei figli, non può farlo imponendo la propria scelta, ma deve, in caso di mancato assenso del padre dei minori, ottenere un provvedimento autorizzativo da parte del giudice.

Quali sono i motivi per cui può essere autorizzato il trasferimento di una madre assieme al figlio in un’altra città?

La decisione di trasferimento in un’altra città con i figli per motivi lavorativi può essere autorizzata dal Giudice. Ciò però non significa che ogni domanda di trasferimento di una madre può essere valido e giustificato motivo per un trasferimento.

Bisogna sempre tenere a mente il diritto alla bigenitorialità del minore, da contemperarsi con la libertà personale, principio di rango costituzionale del soggetto (genitore collocatario), a trasferire la propria residenza.

Inoltre, nei casi dubbi, la soluzione preferibile è quella di mantenere lo stato dei fatti, secondo il “principio di precauzione”: il giudice chiamato a stabilire il luogo in cui i minori avranno la propria residenza, deve in particolare tenere conto del tempo trascorso dall’eventuale avvenuto spostamento, delle nuove abitudini di vita, e se l’improvviso cambiamento possa comportare un distacco dannoso dal genitore con cui ci sia stata una precedente convivenza (Cass. Civ. sez. I, 4 giugno 2010, n. 13619).

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