La Maternal Preference è quel principio applicato da una parte della giurisprudenza secondo il quale la madre sarebbe il miglior genitore per il collocamento dei figli. E’ bene dire subito che tale principio non è presente in alcun testo normativo. In nessuna parte del nostro codice civile è dato scorgere tale assunto. Non esiste nel Codice Civile e nemmeno nella nostra Carta Costituzionale.

La illegittimità del principio della maternal preference

Anzi, la proprio la nostra Costituzione, con gli articoli 2, 29 e 30 tutela il diritto alla bigenitorialità dei minori. Anche il nostro codice civile è molto preciso. All’art. 337 ter c.c. è stabilito che “Il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi”.

Il principio della cosiddetta maternal preference è dunque illegittimo. Nonostante questo, una parte della giurisprudenza seguita nel pronunciarsi seguendo questo criterio. Persino il Consiglio d’Europa, nel 2015, con la risoluzione 2079 denominata “Equality and shared parental responsibility: the role of fathers”, tradotto “Uguaglianza e corresponsabilità parentale: il ruolo dei padri” aveva sancito che “In ambito famigliare, l’uguaglianza dei genitori deve essere garantita e promossa dalla nascita del figlio. La presenza di entrambi i genitori nella crescita del proprio figlio è positiva per il suo sviluppo. Il ruolo di vicinanza padri ai loro figli, fin da quando sono piccoli, deve essere maggiormente riconosciuto e valorizzato.”

Maternal preference e collocamento dei minori. Cosa dicono i Giudici?

Fortunatamente non tutta la giurisprudenza segue il principio della “maternal preference”. Già nel 2015, il Tribunale di Milano ha emesso un importante provvedimento che va esattamente nella direzione opposta. Il Giudice relatore del procedimento, Giuseppe Buffone, ha scritto chiaramente che il principio della maternal preference non esiste. Non ha alcun appiglio nelle norme e nemmeno nella letteratura scientifica.

Citiamo il provvedimento: “..né gli articolo 337-ter e ss del codice civile, né la Carta Costituzionale assegnano rilevanza o utilità giuridica a quello che taluni invocano come “principio della maternal preference” (nella letteratura di settore: Maternal Preference in Child Custody Decisions)..

Anzi, scrive il Giudice Dott. Buffone “..al contrario, come hanno messo bene in evidenza gli studi anche internazionali, il principio di piena bigenitorialità e quello di parità genitoriale hanno condotto all’abbandono del criterio della “maternal preference” a mezzo di «gender neutral child custody laws», ossia normative incentrate sul criterio della neutralità del genitore affidatario, potendo dunque essere sia il padre, sia la madre, in base al solo preminente interesse del minore, il genitore di prevalente collocamento non potendo essere il solo genere a determinare una preferenza per l’uno o l’altro ramo genitoriale..

Il Giudice del Tribunale di Milano sottolinea come in Italia il Legislatore ha già introdotto una normativa che stabilisce inequivocabilmente la parità genitoriale fra padre e madre. In particolare, la Legge 54 del 2006. Ma anche la Legge 219 del 2012 e il Decreto Legislativo 154 del 2013.

il fatto che, al cospetto di una bimba di due anni, un padre non sarebbe in grado di occuparsene, è una conclusionale fondata su un pregiudizio che confina alla diversità (e alla mancanza di uguaglianza) il rapporto che sussiste tra i genitori.

(Trib. Milano, sez. IX, Pres. Dell’Arciprete, rel. Buffone, decr. 14 gennaio 2015).

Maternal preference e affidamento figli minori alla madre

Maternal preference e affidamento figli minori alla madre

Recentemente, il Tribunale di Potenza ha emesso una ordinanza che però pare uscita dal passato. Un’ordinanza che impone senza remore il principio della maternal preference.

Il Collegio del Tribunale di Potenza, con l’ordinanza dello scorso 18 maggio 2018 n. 851, ha statuito addirittura che “il padre potrà visitare e tenere con sé il piccolo (…) per tre giorni alla settimana e alla presenza della madre (…)”. E continua “Al raggiungimento del 4 anno di età del minore, dispone sin da ora che – il minore potrà incontrare il padre e permanere anche presso il domicilio paterno, due volte alla settimana, e fino alle h 20.00; – il padre potrà vedere e tenere con sé il minore per l’intero fine settimana ed a settimane alternate (…)”.

In sostanza secondo i Giudici di Potenza il padre del minore è relegato a mero spettatore della genitorialità materna. Non potrà crescere suo figlio, non potrà accudirlo, né condividere con lui la quotidianità. Il padre è un genitore di serie B.

Inutile qui sottolineare come non vi sia la benché minima aderenza scientifica al postulato del Tribunale potentino. L’inutilità della figura paterna nei primi anni della vita del minore è principio che viene sconfessato dalla stessa letteratura scientifica che evidenzia senza incertezze come lo straordinario legame esistente nei primi anni di vita tra la mamma e il suo piccolo e il rapporto simbiotico che li lega debba essere reciso proprio dal padre che ha, per natura, anche questo importantissimo ruolo.

L’Avv. Stefano Molfino è attivo sostenitore della parità genitoriale e difende molti padri ingiustamente privati del loro rapporto con i figli. Parità genitoriale non significa dividere i figli a metà, come Salomone. Parità genitoriale significa sgombrare la mente da un assunto illegittimo come la maternal preference e verificare, in concreto, quale sia il miglior assetto di interessi per il minore.

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